Ristorante ecuadoregno in Expo

A cena sui trespoli del ristorante ecuadoregno in Expo

ristorante ecuadoregno in Expo
ristorante ecuadoregno in Expo

Il padiglione ecuadoregno in Expo è davvero molto allegro e colorato,  con le sue pareti ricoperte da un variopinto disegno etnico realizzato con centinaia di catenelle policrome di alluminio disposte a guisa di tenda e il Pata Azul, l’uccello marino delle Galápagos con le zampe azzurre che accoglie simpaticamente all’ingresso i visitatori. All’interno del padiglione il tema della biodiversità è sviluppato mediante una descrizione delle varie regioni dello stato sudamericano e una spiegazione dei prodotti tipici nazionali alla base delle differenti culture gastronomiche ecuadoregne. Alla fine del percorso, uscendo dal padiglione sulla destra, si trova il ristorante ecuadoregno, accessibile anche direttamente dall’esterno, sul lato sinistro della struttura. In realtà il ristorante dell’Ecuador non è un vero e proprio ristorante, ma un food corner a self service attrezzato con alcuni tavolini alti, qualche sgabello e poco più. Il menu è esposto all’esterno su un grande cartellone multicolore; una volta scelti i piatti ci si mette in coda alla cassa e, dopo aver pagato, si attende di essere chiamati dal passavivande della cucina per ritirare le pietanze ordinate.

In attesa della voce del cuoco, ci accomodiamo sugli altissimi sgabelli girevoli disposti intorno a un minuscolo tavolino rotondo, appena abbandonato dai precedenti commensali, che vista la totale mancanza di qualsiasi tipo di servizio, hanno gentilmente sparecchiato da soli. Appollaiati come pappagalli, per evitare il moto perpetuo di rotazione intorno al nostro asse, ci ancoriamo con un piede per terra e l’altro attorcigliato come l’edera intorno al fusto del tavolo. Decisamente una posizione tutt’altro che comoda per cenare, ma non stiamo a guardar le cose per il sottile, in definitiva ciò che conta è quello che c’è nel piatto.

tavoli ristorante ecuadoregno in Expo
tavoli ristorante ecuadoregno in Expo

Dopo qualche minuto l’addetto del ristorante ecuadoregno chiama dalla cucina il numero del nostro ordine e portiamo al tavolo i primi tre piatti, riservandoci di ordinarne altri in base all’appetito residuo. Ed ecco la prima delusione: tutte le pietanze sono servite in tristissime vaschette di plastica, stesso materiale delle posate e dei bicchieri e, fatto ancora più importante, le porzioni sono abbastanza scarse.
Incominciamo con  Patacones con filete di atún sellado, ovverosia tre frittelle di platano verde, una specie di banana, con adagiati tre filetti di tonno e un mix di dadini di pomodoro e fettine di cipolla, il tutto aromatizzato da coriandolo e succo di lime. A parte la frittella abbastanza gustosa, il resto del piatto lascia abbastanza a desiderare. I piccoli filetti di tonno sono troppo cotti, anzi stracotti e ormai infeltriti e stopposi . Nel complesso quindi un insieme sciapo, slegato e tutto sommato piuttosto deludente.

Patacones con filete di atún sellado ristorante ecuadoregno in Expo
Patacones con filete di atún sellado ristorante ecuadoregno in Expo

A questo punto speriamo solo di avere maggior fortuna con il secondo piatto, una molto promettente Ceviche de camarón, ovvero gamberi cotti e marinati in un cold mix di limone, arancia, pomodoro, cipolla rossa, brodo di gamberi, coriandolo e pepe nero. Purtroppo la musica del ristorante ecuadoregno non cambia e forse il piatto è ancora peggio del precedente. I gamberi sono grossi ma totalmente insapori e assomigliano molto per consistenza e gusto ai tristissimi crostacei precotti, immersi in un indefinibile liquido trasparente e venduti al supermercato nelle vaschette di plastica. Insieme alla ceviche vengono forniti due minuscoli bicchierini, uno con qualche chicco di mais tostato, ottimo solo per il nostro dentista, l’altro con una salsina molto piccante. Incuriositi dalla salsa, a onor del vero dal gusto decisamente gradevole e unica nota positiva del piatto, ci rivolgiamo alla cassiera per conoscerne gli ingredienti, ma la ragazza sembra più interessata a messaggiare con il telefonino che a fornirci spiegazioni e non riusciamo a ottenere niente di più che un laconico “c’è del chili… credo, ma non so cosa viene servito insieme alla Ceviche…”.

Ceviche de camarón ristorante dell'Ecuador in Expo
Ceviche de camarón ristorante ecuadoregno in Expo

Ormai completamente delusi e rassegnati assaggiamo la piccola Ensalada de Quinoa con peperoni verdi e rossi, avocado, olio d’oliva e succo di limone. A quanto pare tutto il sale che mancava nei precedenti piatti, veramente sciapi e insipidi, è finito nella quinoa, talmente copioso che neanche il sapore deciso dei peperoni riesce a emergere.

Ensalada de quinoa ristorante ecuadoregno in Expo
Ensalada de quinoa ristorante ecuadoregno in Expo

Sebbene ancora affamati, i primi tre piatti sono stati una tale delusione che decidiamo di soprassedere e di non ordinare altro. In definitiva al ristorante ecuadoregno le pietanze, passando dall’insapore al salatissimo, non convincono.  Oltretutto i prezzi non sono certo economici considerato che le porzioni sono abbastanza piccole, i piatti sono di plastica e il food corner è un vero e proprio self service. Ci auguriamo soltanto che la nostra esperienza sia stato un caso isolato, se così non fosse l’Ecuador ha perso proprio una bella occasione per far conoscere la sua fantastica e profumata cucina tradizionale in Expo.

Alziamo le forchette, si vota!
Locale: all’aperto, molto spartano, 7.
Servizio: inesistente, 5.
Lingue parlate: inglese, italiano, spagnolo, 8.
Menu: abbastanza vario con una buona scelta di piatti locali, 8.
Cucina: tipica dell’Ecuador, ma di qualità appena sufficiente, 6.
Conto per 2: € 29,50 per tre piatti e una mezza minerale.
Fascia di prezzo: media.
Rapporto qualità prezzo: sufficiente, 6.